Cosa conoscere nella performance e nella visione d’insieme
In questo articolo ho deciso di approfondire le differenze di genere nel calcio, sia dal punto di vista maschile che da quello femminile, soprattutto per spiegare meglio il fenomeno del calcio femminile. Tra uomini e donne le differenze sono in primis anatomiche, la più importante delle quali è quella del bacino; nelle donne infatti, è allargato per favorire il parto ed ha una maggiore inclinazione dell’asse del femore.
A livello prestativo invece non c’è molta differenza. Le statistiche calcolate sulla distanza totale percorsa durante i 90 minuti di una partita, è molto simile tra le due categorie, così come la distanza totale percorsa in sprint con e senza palla. L’unico aspetto che emerge in modo evidente è la diversa espressione di forza.
Da un punto di vista psicologico nella donna, è intrinseco l’aspetto motivazionale molto di più rispetto all’uomo. Le donne infatti hanno una maggiore propensione al lavoro, una maggiore capacità di attenzione, di analisi e tendono generalmente a preferire allenamenti che implicano uno stile comportamentale collaborativo e non competitivo.
Anatomia e fisiologia, differenze di genere
Come precedentemente accennato, si possono notare evidenti differenze anatomico-strutturali tra i due generi, una delle quali è senza dubbio quello che viene definito l’angolo Q, ovvero l’angolo formato dall’intersezione della linea che congiunge la Spina Iliaca antero-inferiore (SIAI) e il centro della rotula e quella che va dal centro della rotula alla tuberosità tibiale anteriore. Negli uomini è compreso tra 10° e 12° mentre nelle donne è tra 15° e 18°.
La maggiore inclinazione, sopra riportata, comporta: un aumento del valgismo del ginocchio, uno spostamento laterale della rotula, con un conseguente carico superiore sul comparto esterno e quindi una maggiore predisposizione agli infortuni dei legamenti (ginocchio-caviglia).
Le altre differenze si possono riscontrare nelle risposte cardiovascolari e respiratorie all’esercizio, dovute principalmente al ventricolo sinistro più piccolo nel corpo delle donne; tale caratteristica anatomica determina la conseguente massa di sangue minore e quindi un minor volume di ossigeno trasportato ai muscoli durante l’attività e un VO2max più basso. Il VO2max, essendo un buon indice della capacità cardiorespiratoria di un’atleta, raggiunge il picco tra i 12 e i 15 anni nella donna, mentre nei maschi tra i 17 e i 21 anni. Dopo la pubertà il valore del Vo2max della donna è pari al 70-75% di quello dell’uomo.
Non si evidenziano invece particolari differenze tra i due generi per quanto riguarda la frequenza cardiaca massima, la cosiddetta FCmax.
È bene sottolineare come anche lo sviluppo puberale incida e vari per tempi e modalità . Nel caso delle bambine è anticipato rispetto ai bambini ed avviene intorno ai 10-12 anni, con la comparsa del menarca (prima mestruazione). Tutto ciò incide fisiologicamente, con modificazione della composizione corporea a causa della massiccia produzione di ormoni estrogeni, e psicologicamente poiché, nei giorni precedente il flusso, si può evidenziare una maggiore irritabilità o sensibilità emotiva.
Le differenze significative iniziano a manifestarsi al momento della pubertà, che corrisponde all’età di circa 12-14 anni, soprattutto per via della diversa secrezione di testosterone che comporta una minore formazione ossea e un minore sviluppo della massa muscolare. Questa diversità fisiologica incide notevolmente sulla statura della donna; è in questo arco temporale infatti che la donna raggiunge la lunghezza massima delle ossa, motivo per cui la sua statura risulta inferiore, in età adulta, a quella dell’uomo che invece ha una fase di crescita più lunga nel tempo.
Le misure antropometriche quindi sono diverse tra i due generi con una statura media inferiore di circa 10-12 cm e un peso corporeo totale inferiore di 14-18 kg, una massa magra inferiore di 18-22 kg e una massa grassa superiore di 3-6 kg.
Ai fini della performance, inoltre è importante tenere conto del ciclo mestruale.
La prestazione nel calcio femminile
Il calcio femminile, come quello maschile, è uno sport difficile da analizzare poiché le prestazioni sono prevalentemente di tipo aciclico, con impegno metabolico intermittente di tipo aerobico-anaerobico alternato. I lavori scientifici sull’argomento, nonostante si sia registrato un considerevole aumento di donne che praticano il calcio, non sono ancora moltissimi e le pubblicazioni, così come i dati disponibili nella letteratura scientifica, indicano che la performance in gare di alto livello è condizionata da un alto grado di condizione aerobica che permette di correre mediamente circa 9-12 km.
Questi dati permettono alle giocatrici di eseguire nel corso dei 90’ fasi ripetute ad alta intensità, che sono a loro volta sostenute anche dalle capacità anaerobiche, come nei movimenti di sprint, salti, contrasti, tiri che per lo più vengono impiegati maggiormente nei momenti più cruciali della partita. Le partite di calcio femminile consistono di circa 250 brevi azioni anaerobiche per giocatrice, con ripetizioni di sprint della durata media di 2.4 secondi, per circa 40 volte a partita, con recuperi variabili fino a 90 secondi.
Nonostante i dati sopracitati, è altresì vero che numerosi studi hanno dimostrato come le donne abbiano una maggiore resistenza alla fatica e sono, pertanto, in grado di sostenere contrazioni muscolari continue e intermittenti, a bassa o moderata intensità, più a lungo rispetto agli uomini.
In conclusione possiamo affermare che le caratteristiche aerobiche delle calciatrici non si differenziano di molto rispetto a quelle dei calciatori maschi o di altre atlete praticanti sport di squadra; mentre le differenze significative sono evidenziabili per quanto riguarda i movimenti ad alta intensità e le caratteristiche meccaniche e muscolari. Quest’ultime infatti sono quasi sempre accompagnate da insufficienti caratteristiche tecnico coordinate, se paragonate con quelle di atleti di sesso maschile.
Credit Immagine: sassuolocalcio.it
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