Introduzione al recupero e inquadramento della tematica

Il recupero del calciatore è un tema di fondamentale importanza per tutti gli addetti ai lavori, e non di facile inquadramento.

Di fatto il tempo di recupero assume significati diversi se parliamo di post esercizio, post seduta di allenamento o di post gara, in quanto cambia l’intensità dello sforzo e quindi l’intervento dei metabolismi energetici utilizzati.

Capire e comprendere quali sono i metabolismi energetici, e come si miscelano fra di loro, è fondamentale per stabilire i tempi di recupero ottimale a seguito di uno sforzo.

Metabolismi energetici

Per soddisfare l’energia richiesta durante un qualsiasi sforzo fisico, l’organismo utilizza una molecola chiamata adenosina trifosfato (ATP), la quale è formata da una base azotata (adenosina), uno zucchero (ribosio) e tre gruppi fosfato. Questa molecola, una volta idrolizzata, riesce a liberare energia utilizzabile per la contrazione muscolare.

L’ATP, non si trova libera nell’organismo, ma viene creata attraverso tre processi, a partire dai macronutrienti ossia carboidrati, proteine e grassi, assunti attraverso una dieta particolare. Questi tre processi bioenergentici vengono distinti in Sistema del fosfanogeno, Glicolisi e Sistema ossidativo.

A seconda dell’intensità dell’esercizio fisico si attiva in maniera predominante l’uno piuttosto che l’altro, ma in ogni caso questi tre sistemi cooperano fra di loro e si alternano nel fornire ATP.

Il sistema del fosfanogeno e la glicolisi prendono il nome di metabolismo anaerobico, poiché entrambi questi sistemi non utilizzano l’ossigeno per formare ATP. Mentre il sistema ossidativo prende il nome di metabolismo aerobico, in quanto per funzionare ha bisogno di molecole di ossigeno.

Il sistema del fosfanogeno è il meccanismo che si attiva per primo, in quanto riesce a dare ATP in maniera immediata grazie alla scomposizione di creatinfosfato, reazione catalizzata dall’enzima creatinchinasi:

                            ADP + CP            Creatinchinasi                ATP + CREATINA

Questo sistema energetico dura per pochi secondi, in quanto è regolato dalla concentrazione del creatinfosfato (CP), è quello che viene chiamato metabolismo anaerbico alattacido, in quanto non viene a formarsi lattato.

Il secondo processo anaerobico è quello della glicolisi, durante il quale l’ATP viene formato a partire dai carboidrati, in particolare dal glucosio a livello ematico o glicogeno a livello muscolare.

Questi due composti, grazie a molteplici reazioni chimiche, vengono idrolizzati a piruvato (carboidrato a tre atomi di carbonio), con la formazione di ATP. Se l’intensità dello sforzo rimane elevata, il piruvato viene portato nel sarcoplasma dove viene trasformato in lattato. Questo processo è comunemente noto come metabolismo anaerobico lattacido, proprio perché viene a formarsi lattato.

Ha una resa maggiore di ATP rispetto al sistema del fosfanogeno, e ha una durata maggiore circa 60”. Qualora l’intensità si riduca, il piruvato può entrare nei mitocondri e quindi grazie all’ossigeno presente, entrare nel ciclo di Krebs. Quest’ultimo successivamente entra nella fosforilazione ossidativa dove viene idrolizzato per formare 38 molecole di ATP.

Questo sistema è comunemente noto come sistema aerobico (il sistema più lento per attivarsi, ma è quello teoricamente inesauribile).

Questo grafico estratto dal sito di Salvatore Buzzelli, è importante perché riassume quanto detto fino ad ora, e ci dà un’idea di come questi meccanismi si attivano contemporaneamente e quanto è importante il loro contributo durante uno sforzo.

Tempi recupero post esercizio

Data la loro diversità di attivazione e durata di tempo, questi tre meccanismi necessitano di diversi minuti per rigenerare i loro substrati. Analizzando il sistema del fosfanogeno, occorrono circa 3-5 minuti per una sintesi completa di ATP, mentre per quella del CP occorrono circa 8 minuti.

Nel gioco del calcio quest’ultimo sistema può intervenire durante uno sprint, ed a causa del modello prestativo di questo sport il tempo sopracitato non può mai essere sufficiente (il tempo che intercorre fra uno sprint e l’altro è molto meno rispetto a 3’, figuriamoci 8’)

Durante l’allenamento quindi è opportuno ricreare questa condizione, attraverso sedute specifica di sprint ripetuti (RSA), oppure interval training di alta intensità (HIIT).

In particolare in queste modalità di allenamento, diventa importante il contributo della glicolisi anaerobica, ossia del sistema anaerobico lattacido.

L’obiettivo dell’allenamento, deve essere quello di ridurre l’accumulo di lattato (OBLA), in modo che lo sforzo ad alta intensità prosegua. Di fatto per questo metabolismo, il recupero può essere meno ampio rispetto al precedente, e dipende dalle concentrazioni di glucosio ematico e glicogeno muscolare, le quali possono variare a seconda dello stato di allenamento dell’atleta.

Da questo deriva l’importanza di avere un efficiente sistema aerobico. Infatti il meccanismo aerobico sulla performance di resistenza porta a due tipologie di contributo: migliora il tempo di recupero (es. fra due o più sprint consecutivi) e ritarda l’accumulo di acido lattico a livello muscolare grazie al miglioramento del VO2 max.

Il VO2max è definito come massimo consumo di ossigeno, ossia la quantità di ossigeno che la cellula può utilizzare per produrre energia e più questo valore è alto, più che la curva di lattato si sposta verso destra in modo da ritardarne il suo accumulo. Tutti questi elementi devono essere compresi per definire l’obiettivo della seduta.

Se l’obiettivo della seduta è forza massima e potenza, siamo all’interno del meccanismo anaerobico alattacido, quindi è necessario un recupero molto ampio per ricreare il CP.

Se invece, l’obiettivo della seduta è la resistenza e in particolar modo della potenza aerobica, il recupero deve essere sufficientemente ridotto, così da utilizzare il glicogeno muscolare e creare la situazione per la quale si crei lattato, si alzi la frequenza cardiaca e permettere quindi l’adattamento ossidativo.

Tempi recupero fra una seduta precedenza e quella successiva

Essendo il calcio uno sport di situazione, e da un punto di vista della performance può essere considerato come uno sport intermittente.

Di fatto, come citato  dall’articolo “il modello prestativo del calcio”, il calciatore durante la gara cambia attività ogni 4-6 secondi.

Questo significa che diventa importante allenare tutte le capacità condizionali, all’interno della settimana, in modo tale che il calciatore tragga tutti gli adattamenti fisiologici che gli consentiranno di soddisfare le esigenze metaboliche.

Il carico di lavoro durante il microciclo (settimana) è definito Training Load (TL), ed è importante seguirlo per impostare il lavoro e tenere una linea del carico.

https://youcoach.it/it/articolo/training-load-session-rpe-e-carico-interno

In questo grafico possiamo notare come i carichi di lavoro si alternano seduta dopo seduta in modo da alternare sedute intense a sedute più blande. Di fatto in una settimana tipo, con la partita domenicale, il lunedì è solitamente giorno di riposo (day-off) o comunque è caratterizzato da lavori di prevenzione infortuni.

Mentre i giorni più intensi sono i giorni centrali mercoledì e giovedì, oppure martedì e giovedì.

Secondo i principi della metodologia di allenamento, le seduta lattacide (il metodo HIIT ne è un esempio) devono essere sempre lontane dalle partita, in quanto caratterizzate dai DOMS (dolori tardivi muscolari), i quali possono presentarsi dopo le 24- 48 ore dalla seduta. I DOMS possono essere dannosi per la performance poiché caratterizzati da una modifica della fibre muscolare (e non dall’acido lattico). Infatti l’acido lattico (meglio definirlo lattato) viene eliminato dall’organismo entro un massimo di 3 ore.

Altra regola derivante dalla metodologia dell’allenamento, è quella di non far mai far seguire una seduta lattacida da una alattacida, in quanto il muscolo può risultare affaticato e sottoposto a traumi.

Per fare un esempio pratico, se il giovedì è caratterizzato da un lavoro intermittente ad alta intensità, il venerdì non si può far eseguire lavori di potenza e velocità. Quindi in questo caso è opportuno far eseguire il lavoro intermittente al mercoledì.

Questi principi vengono in aiuto per periodizzare i carichi durante la settimana in modo da non creare conflitto e affaticare il calciatore.

Scala di Borg e Sindrome da sovrallenamento

La scala di Borg, è un mezzo attraverso il quale è possibile indicizzare un parametro di carico interno, se non si hanno a disposizione cardiofrequenzimetri.

La scala di Borg, prende anche nome di RPE (Rate of Perceived Exertion), e dà indicazione sul carico interno della seduta o del singolo esercizio.

Se vogliamo sapere il parametro della seduta, è consigliabile sottoporre il questionario dopo almeno 30’ dalla fine della seduta, se invece interessa sapere il carico della singola esercitazione, è consigliabile sottoporre l’atleta al questionario al termine dell’esercizio.

La scala di Borg esiste in tre forme:

– CR 10: è una scala continua e di conseguenza gli atleti possono dar valori intermedi (è la più usata nel gioco del calcio);

– CR6-20: è associata a valori basali e massimi della HR (60bpm e 200pbm) ed è usata negli sport di endurance

–  CR 100: sviluppata su una scala numerica che si presenta come righello, e indica sia il livello di percezione che un indice numero per la percezione.

Per trovare la frequenza cardiaca dobbiamo moltiplicare il tempo (della singola esercitazione o dell’intera seduta) per il valore indicato dall’atleta sulla scala di borg.

Monitorare il TL serve per sia ad evitare un eccessivo affaticamento dell’atleta e quindi per prevenire infortuni, sia ad evitare la sindrome da sovrallenamento.

Per sindrome da sovrallenamento (OTS), si intende un accumulo di stress da allenamento nel lungo periodo, caratterizzato da frequenza, volume e intensità eccessive con insufficienti tempi di recupero, periodi di riposo, e apporto nutritivo.

L’ OTS è una situazione dannosa per un atleta, in quanto la sua performance cala drasticamente accompagnata da alterazioni dell’umore, stati confusionali e ansia.

La fatica nel calcio

La fatica è un meccanismo multifattoriale, cioè può derivare da molteplici cause, la possiamo suddividere principalmente in due categorie: fatica centrale e fatica periferica.

La fatica centrale, è determinata da tutte quelle strutture che hanno origine dal sistema nervoso centrale, fino al motoneurone spinale. In questo caso l’atleta può continuare il suo allenamento grazie ad alcuni elementi, come la motivazione e la capacità di autocontrollo emotivo.

La fatica periferica è quella determinata dagli elementi periferici, ossia dal motoneurone, dalla placca motrice o dalla fibra muscolare. In questo caso può essere indotta da elementi fisiologici quale la poma Na/K ATPasi, o la deplezione glicolitica, fattori che comunque non possono essere controllati dall’atleta.

Data la sua insorgenza multifattoriale, è competenza del trainer (preparatore atletico, staff tecnico ecc.) trovare tutte le strategie utili e possibili per analizzare l’affaticamento del calciatore, in modo da non creare un affaticamento e sottoporre l’atleta ad infortunio.

Nel prossimo articolo di Football Explorer “le strategie di recovery nel calcio” sono elencate nel dettaglio tutte le problematiche legate all’insorgenza della fatica, e le eventuali strategie per combatterla.

Bibliografia

Manuale di condzionamento fisico e di allenamento della forza, G.Gregory Haff e N.Travis Triplett, seconda edizione caletti e Mariucci

http://salvatorebuzzelli.it/la%20resistenza.html

/2019/08/il-modello-prestativo-del-calcio/

https://youcoach.it/it/articolo/training-load-session-rpe-e-carico-interno

http://scienzaesport.com/MO/001D/001D.htm

https://traininglab-italia.com/evaluation-and-test/scala-di-borg/

http://scienzaesport.com/SdS/024/024.htm

https://my-personaltrainer.it/sport/fatica-muscolare.html

Credit immagine: https://tudn.com/futbol/copa-america/conoce-mas-acerca-de-las-pausas-para-hidratacion-en-el-futbol

Filippo Paoli