Guida al Player Trading e alla gestione delle plusvalenze nelle società calcistiche

Negli ultimi anni nel vocabolario calcistico di ogni tifoso, sono entrati sempre più spesso, una serie di termini prettamente economici che hanno sancito in qualche modo la trasformazione della società di calcio in una vera e propria “azienda”.

Dunque parole come merchandising, plusvalenze, fair play finanziario, fatturato, ingaggi e ricavi, sono diventate parole chiave soprattutto nelle chiacchiere da ombrellone, dove si sogna magari per la propria squadra del cuore, l’acquisto del calciatore più costoso. 

A proposito di calciomercato infatti, in questo articolo andremo a fare un pò di chiarezza sulla questione  Player Trading e sull’importanza di generare plusvalenze nella gestione economica delle società calcistiche. 

Partiamo dalla definizione di Player Trading, con il quale si identificano tutte le operazioni legate all’acquisto e alla cessione dei calciatori, che dal punto di vista economico producono le cosiddette plusvalenze e/o minusvalenze, cioè guadagni o perdite derivanti dalle differenze tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.

L’obiettivo del Player Trading è dunque quello di far fronte al costo annuale dei cartellini dei calciatori, ed in sostanza degli ammortamenti della rosa.

Per ammortamento si intende un procedimento contabile, con il quale un costo pluriennale del calciatore, formato da prezzo del cartellino più i vari compensi a mediatori/procuratori, viene ripartito sulla durata del contratto.

Facendo un semplice esempio pratico, la società Alfa acquista le prestazioni del calciatore “Pippo” per 15 milioni di euro, con un contratto di cinque anni a 1 milioni di euro a stagione. A questo punto con il meccanismo dell’ammortamento, il costo annuale del calciatore per la società Alfa, diventerebbe di 3 milioni di euro – ovvero 15 (cartellino) / 5 (anni di contratto) = 3 (costo annuale).

Così se la società Alfa decidesse dopo soli due anni di contratto, di vendere il calciatore “Pippo” per un cifra pari a 12 milioni di euro, realizzerebbe una plusvalenza (ovvero un guadagno) di 3 milioni euro. Al contrario invece se decidesse di vendere il cartellino ad un prezzo pari a 8 milioni di euro, la società dovrebbe registrare una minusvalenza (ovvero una perdita) di 1 milione di euro.        

Nell’analisi svolta da Pwc e Ariel sui bilanci aggregati 2017/2018 delle società italiane, i ricavi da plusvalenze hanno toccato la quota record di 713,1 milioni di euro, in netta crescita rispetto ai due anni precedenti; come è possibile notare dal grafico sotto riportato. 

Fonte: Report Calcio 2019

E’ giusto sottolineare però, che se da un lato un’attenta gestione operativa del Player Trading, generi una serie di effetti positivi nella determinazione del risultato d’esercizio, dall’altro è altrettanto vero che considerando le plusvalenze come una sorta di “autofinanziamento” per l’acquisto dei diritti pluriennali dei calciatori, questo sistema rischia di diventare una manovra malsana per “gonfiare” i ricavi delle società, con il rischio naturale di falsare parte delle valutazioni di mercato nell’intento di far quadrare i conti a bilancio.

Per questo motivo negli ultimi anni le autorità nazionali ed internazionali (attraverso anche il Financial Fair Play), sono sempre più attente ad indagare ed a verificare, se i valori e le cifre iscritte a bilancio dalle singole società siano veritiere e coerenti con la valutazione delle prestazioni dei giocatori, in particolare quelli più giovani.

Credit Image: ilriformista.it