Di cosa si tratta? Perchè è diventata così fondamentale?

Definizione

La “riatletizzazione” è considerata l’ultima fase del percorso rieducativo, nella quale sfruttando i principi e la metodologia dell’allenamento, si raggiunge il completo recupero delle capacità condizionali e delle abilità dello sport specifico praticato. È stata introdotta negli ultimi anni per definire l’ultima parte del percorso di recupero funzionale da un infortunio. In passato invece il percorso si faceva coincidere con il ritorno all’attività agonistica. 

Gli studi scientifici, le moderne conoscenze e le tecniche innovative di allenamento hanno imposto di programmare ed attuare un periodo di recupero della performance, detto appunto riatletizzazione o “recupero funzionale”  prima del ritorno incondizionato all’attività agonistica per lo sportivo. L’atleta, infatti, necessita non solo di recuperare le funzionalità lese con l’infortunio, ma anche la gestualità sport‐specifica e le capacità condizionali adeguate al livello competitivo di appartenenza.

Specificità del calcio

Andando nello specifico, il gioco del calcio nonostante stia diventando sempre più tecnico, resta pur sempre uno sport di movimento e di contatto e come tale espone chi gioca a infortuni, traumi, lesioni e contusioni. 

I calciatori sono sottoposti a forti sollecitazioni dell’apparato muscolo-scheletrico, e l’incidenza di tali infortuni sono all’ordine del giorno. Quali sono gli infortuni più frequenti nel calcio:

  • Il trauma
  • L’affaticamento muscolare
  • La contrattura
  • Lo stiramento
  • Lo strappo muscolare
  • La distorsione
  • Le lesioni ai componenti delle articolazioni (legamenti, menischi, tendini)

Gli infortuni sono causati quindi da contatti con ossa, scarpini, terreno da gioco e altri corpi solidi, da movimenti bruschi, involontari e innaturali, o ancora da una carenza coordinativa intermuscolare. Si può subire un infortunio anche per mancanza di controllo intramuscolare, cioè le fibre muscolari non vengono contratte in modo ottimale o adeguato alla situazione, e questo spiega come si verificano stiramenti o strappi.

I dati sugli infortuni vanno anche analizzati, ovviamente con le differenze tra giocatori dilettanti e giocatori professionisti. La tipologia degli infortuni non cambia ma quello che si nota di diverso è appunto la frequenza e i tempi di recupero degli infortuni. Il professionista è esposto ad un maggior rischio, data l’alta mole di lavoro svolta, ma ha a disposizione mezzi e tempi a suo favore per velocizzare e completare totalmente il recupero. Il dilettante, svolge un’attività meno impegnativa in termini di quantità e senza una adeguata preparazione fisica, ma in genere ha meno disponibilità economica e temporale per curarsi. Questo pone il giocatore dilettante spesso in difficoltà, e dunque nella maggior parte dei casi, lo porta a non riuscire a completare totalmente la cura, con una conseguenza di recidiva o accumulo delle problematiche con rischi compensatori posturali.

Le fasi del Recupero

Come descritto nella prima parte, il recupero è composto dalle seguenti fasi:

TRAUMA / INTERVENTO CHIRURGICO

FISIOTERAPIA

RIABILITAZIONE

RIATLETIZZAZIONE

I requisiti per una corretta ripresa dell’attività agonistica, sono sicuramente: rispettare i tempi biologici, possedere un buon supporto muscolare, avere un ottimo controllo propriocettivo ed una corretta gestualità di base. Inoltre bisogna lavorare sulla progressiva gestualità specifica esercitata prima in contesto protetto, poi in situazioni sempre più agonistiche. L’obiettivo è il ripristino della massima efficacia fisica. All’interno di un programma che si vuole proporre devono esserci particolari esercizi che coinvolgono i muscoli tipici del gesto calcistico, finalizzati al perfezionamento tecnico analitico e dell’incremento della forza e resistenza speciale.

Non si può genericamente quantificare il tempo di recupero da un infortunio. Esso dipende dalla gravità delle lesioni e dai tempi fisiologici della persona o atleta. Genericamente distinguiamo:

  • Infortunio lieve: Immediato o di poche ore
  • Infortunio moderato: Qualche giornata di stop
  • Infortunio grave: Dai 30 giorni a oltre 6 mesi

Fasi della riatletizzazione. Chi se ne occupa?

Andando nello specifico del percorso di recupero completo del nostro calciatore, mi soffermo a trattare la parte finale, decisamente la più importante per gli elementi presenti da non sottovalutare. In primis tengo a precisare che le altri fasi del recupero sono di competenza di un equipe medica, fisioterapista o personale di riabilitazione. La fase di riatletizzazione spetta al laureato in Scienze Motorie, al chinesiologo o al preparatore atletico. Sono figure professionali che conoscono il corpo umano e soprattutto occupandosi di preparazione atletica e di performance, sanno calibrare i giusti carichi, stabilire i corretti esercizi adatti al calciatore, eseguire test specifici per monitorare lo stato di recupero, aiutare psicologicamente nei momenti di sconforto e seguire passo passo il calciatore fino al completo ritorno all’attività sportiva praticata.

Il primo passo è quello di cercare di riacquistare l’elasticità e la coordinazione del sistema muscolo ‐ tendineo delle articolazioni. Secondo step sarà ottenere il raggiungimento di un soddisfacente livello organico e neuro‐muscolare, nonchè la simmetria tra i due arti in termini di spinta e di coordinazione. Non bisogna mai dimenticare che l’obiettivo finale è portare l’atleta a rifare gli stessi movimenti della gara sia in termini di forza che di coordinazione.

Per ottenere questi obiettivi si devono utilizzare varie metodologie di lavoro e servirsi di notevoli mezzi di allenamento:

  1. Circuiti di Propriocezione statici e dinamici

2. Percorsi di reclutamento istantaneo delle unità motorie

3. Esercitazioni allenanti e correlati alle gestualità del calcio

4. Lavoro atletico in superfici diverse e attrezzature diverse

Consigli utili

A mio parere, il primo consiglio è quello di valutare se il recupero dall’infortunio non è completo, perchè altrimenti qualsiasi sovraccarico può portare ad una recidiva. Il motivo di quest’ultima assunzione, è spiegato dal fatto che ci sono atleti che trascinano per mesi un infortunio, quando lo stesso si sarebbe risolto in poche settimane. La causa è spesso la passione e soprattutto la voglia di ritornare a tutti i costi in attività, tralasciando qualche step o addirittura accelerando il processo di ritorno in campo (errore da non fare).

Per i dilettanti non poter praticare la propria attività sportiva, molto spesso vuol dire non frequentare colleghi, ritrovare amicizie, un ambiente di svago. Occorre infatti non forzare assolutamente il rientro, in modo da valutare lucidamente il proprio stato di salute, ascoltando le indicazioni del preparatore.

Il secondo consiglio, e probabilmente il più importante, è quello di non lasciare mai da soli gli atleti infortunati, soprattutto se l’infortunio si ripresenta nelle stesse dinamiche o magari colpisce nuovamente l’atleta. Seguirlo in ogni step durante il percorso, diventa veramente fondamentale, come lo diventa di conseguenza avere continuamente scambi di informazioni e feedback vari, in merito al suo stato di salute.

Il terzo consiglio è quello di monitorare il recupero da infortunio tramite test specifici prima di ritornare all’attività in campo, e soprattutto essere sicuri che l’atleta sia guarito al 100%. Il recupero fisico, atletico e tecnico definitivo è possibile, basta prenderlo in considerazione e progettarlo con gradualità. Riportare un atleta alle sue iniziali condizioni fisiche non è difficile, servono solo modi e tempi giusti.

Credit image: beachsoccer.com

Umberto Giacone